mercoledì 20 febbraio 2013

Sedotti e abbandonati dai Sigur Rós.




Non vedo mio fratello da mesi.
Lo chiamo, non risponde. Chiamo Sarah.
"Stasera andiamo a vedere i Sigur Rós al Forum. Ti va se passiamo prima a trovarvi?"
"Sì! Devo solo murare vivo il capo nel cesso e scappare a casa: ci vediamo verso le sei."
Io non ho nessun capo da murare vivo perché, come sempre quando siamo in consegna, misteriosamente spariscono tutti e lasciano noi povere bestie a tappare le falle. Così alle quattro sfanculo tutti e partiamo.
L'Omonero alla guida, i Miike Snow nell'autoradio, cazzeggio su Fb. Trovo un annuncio sulla pagina di Scubaportal, lo leggo a voce alta.
"Agenzia di comunicazione ricerca diving bloggers che a fronte di un soggiorno completamente gratuito, volo AR compreso, possano scrivere e descrivere sul proprio blog le attività subacquee della location (destinazione a 12 ore da Milano). Gli interessati si facciamo avanti."
"Minchia," fa l'Omonero.
"Cheffaccio, scrivo?"
"Eccerto!"
Così, litigando col maledetto correttore automatico del maledetto aifon, mentre la macchina si ferma al casello, timidamente alzo manina e provo a dire che schifoschifo non mi farebbe volare dall'altro lato del mondo e raccontare poi l'effetto che fa. 
Nel giro di un minuto ricevo un messaggio: hai un bel blog, candidatura presa. Ellapeppa!
E sono lì che mi crogiolo nel sogno di essere la prescelta quando uno SCOTOCLOM sinistro mi riporta sulla terra.
L'Omonero dice cazzo.
Il finestrino s'è suicidato, lasciandosi morire nella fessura della portiera. Adieu.
E ora?
"Possiamo mica lasciare la macchina aperta nel parcheggio del Forum."
"Possiamo mica farci duecento chilometri in autostrada con la bufera nell'abitacolo."
"C'è un grado."
"Eh. E quindi?"
E quindi.
Chiamo mio fratello, sotto casa sua c'è un meccanico elettrauto.
"A che ora chiude?"
"Alle sei e mezza."
Sono le sei e trentacinque. Non c'è più nessuno.
"Ci mettiamo un cartone."
"Duecento chilometri in autostrada senza vedere un cazzo dal finestrino? Senza vedere lo specchietto? Nah."
"Andiamo da LERUAMERLEN."

E così, l'oretta di relax pre-concerto che avremmo voluto trascorrere sprofondati nel divano rosso e coccolati da famiglia, gatti e birra, si trasforma in un circo.
Compriamo:
  • un foglio di plexiglass spesso un paio di millimetri;
  • american tape;
  • forbicione;
  • pennarello.
Pare 'na puntata di Paint your life.
In quattro (manco i carabinieri, cazzo) ci mettiamo una pezza: Fratemo regge, io disegno, Sarah taglia, l'Omonero appiccica.
"Va' che bel lavoretto!" dice il fratellino soddisfatto.



"Che ore sono?"
"Le otto e mezza. Dobbiamo andare."
Baciabbracci, speriamo nella prossima volta.
"Vale, fate il giro lungo quando tornate a Genova," dice Fratemo.
"Il giro lungo?"
"Seh. Passate da Lourdes."




Il finestrino di fortuna fa frischcrishfrifrish, ma regge. 
C'è una coda della madonna per il parcheggio e, davvero, non me l'aspettavo. Un mare di gente a vedere i Sigur Rós? La mia stima per il genere umano sale di un paio di punti.

Parcheggiamo la macchinina incerottata, ci incamminiamo verso l'ingresso. Fa un freddo porco in 'sta cazzo di città e l'aria puzza di nebbia.
Il Forum è pieno zeppo, ma io ho l'occhio lungo e trovo due posti in posizione strategica: evviva.

 
Il palco è impacchettato tra veli di cotone bianco.
Si spengono le luci e la magia rapisce tutti in pochi istanti: le immagini proiettate sono sogni distorti, nuvole in fuga e schiuma di birra, e le sagome dei musicisti sul palco (undici) sono diafani incantatori d'anime.
L'acustica è perfetta, i suoni sono così puliti che non mi pare vero.
Non so quanti concerti abbia visto qui.
Non so quante volte mi sia lamentata del suonodemmerda.
Invece, pochi minuti e sospiro incredula e la platea tutta tace, sospesa.
So già che le parole non basteranno a raccontareciò che sento, che dovrò inventarne di nuove.
Scriverò le mie emozioni in volenska?

Lo spazio attorno è una grotta.
È il fondo del mare.
È un rubino visto da dentro.

Volo nella colonna d'acqua, lonana ben più che dodici ore da Milano.
Il tempo si dilata e si contrae, il tempo non è più.
La mente abdica e il cuore dilaga in spazi di solito preclusi.



Il velo cade, il palco è un bosco fitto di lucciole, e un muro di suoni ci investe senza pietà.
Archi, fiati, tamburi tribali, la chitarra suonata con l'archetto, la voce d'argento e di diamante di Jonsi.
Nel cuore un buco e il vento che ci soffia attraverso.
Le pupille si allagano.
Il brivido è corale.
Nessuno fiata. Nessuno è qui.


 
Poco prima del finale si torna a terra e si riprende fiato.
Ma come scogli a pelo d'acqua, subito una nuova onda ci sommerge: inizia Popplagið e, con tre note e un gesto, i Sigur Rós riacchiappano i fili di noi poveri burattini.
È un crescendo estatico di violini voci e percussioni, la gente dondola avanti e indietro come matta, come in trance, e quando il tripudio di suoni raggiunge l'apice e ci abbandona, lascia tutti sgomenti, senza fili e senza forza. 

Sedotti e abbandonati.



4 commenti:

Omonero ha detto...

Oltre all'avventura/disavventura un po' in stile "I marmittoni" che mi ha divertito, mi hai ricatapultato sul seggiolino che rappresentava la porta verso un'altra dimensione, quella fatta di suoni, immagini ed emozioni che abbiamo attraversato in quel non codificato spazio temporale che credo fosse ieri sera.
Bravissima tu a riuscire ad esprimere tutto senza nemmeno conoscere il "Vonlenska".

Unknown ha detto...

:)

Filippo ha detto...

mi fanno troppo ridere gli effetti sonori nei tuoi post :)

Unknown ha detto...

trattasi di mente forgiata dai fumetti. :)