Premessa (a scanso di equivoci): il testo seguente è ironico.
Il forum di cui parlo è eccezionale e i SuperSubbi sono i miei adorati guru.
Quando ho iniziato la carriera subacquea, un anno e
mezzo fa, eccitata e curiosa di scoprire un mondo, mi sono iscritta a un forum
pieno zeppo di SuperSubbi. Poiché ritengo che l'unica domanda idiota sia quella
non fatta, ho iniziato a tartassare:
come si fa a capire se un diving è serio?
perché a me la bombola dura sette minuti e agli
altri un'ora?
perché mi galleggia il culo?
Mi è stato gentilmente consigliato, nell'ordine:
di darmi all'ippica;
di fare immersioni nella vasca da bagno;
di comprarmi una paperella.
C'era perfino uno che voleva triturarmi nelle
eliche di un aeroplano.
Graziealla
mia sfacciataggine, che farebbe cagare sotto un ariete (cit.), non mi sono
arresa.
E ho continuato a chiedere:
Come scelgo la muta?
Le mute vanno tutte bene. Vai e compra quella che
ti sta meglio.
Segue una lite incomprensibile tra SuperSubbi su
neoprene e trilaminato, ma io, con la mia risposta, vado al negozio, provo un
po' di mute e scelgo quella che si adatta meglio alle mie curve. Che, incidentalmente,
è rosa. Io odio il rosa, ma le altre mute mi facevano difetto ovunque - spalle
strette, vita larga, manica corta - e così dico va be'.
E le pinne? Come scelgo le pinne?
Le pinne vanno tutte bene. Vai e compra quelle che
ti calzano meglio.
Segue una lite incomprensibile tra SuperSubbi sulla
pinneggiata a rana, ma io, con la mia risposta, vado al negozio e provo un po'
di pinne. Tra quelle che mi calzano meglio, ce n'è un paio rosa. Così mi dico:
se rosa dev'essere, che rosa sia. A terra scarrafone, in acqua
flabellina.
Ho deciso di comprarmi il gav. Mi date una mano?
I gav vanno tutti bene. Vai e compra quello che ti
piace di più.
Segue lite incomprensibile tra SuperSubbi sulla
postura da tenere in acqua, ma io, con la mia risposta, vado al negozio (che stappa una
bottiglia ogni volta che mi vede) e mi provo tutti i gav. Mi paiono in effetti
tutti uguali. Così lo scelgo. Rosa.
Si avvicina il mio quarantesimo.
Nella letterina a
Babbo Compleanno vorrei scrivere che mi serve il computer. Ma quale?
I computer vanno tutti bene. Compra quello che ti
piace di più.
Segue lite incomprensibile tra SuperSubbi sulle
mele rosse e verdi, ma io, con la mia risposta, scelgo dal catalogo un computer
rosa.
Sul gommone con mille SuperSubbi, ostento fiera la
mia attrezzatura scintillante. Uno scarrafone mi squadra e dice:
"Eccola lì, un'altra che sceglie
l'attrezzatura in base al colore!"
Giornata
massacrante. Sogno divano, coperta, gatti e playstation.
Arranco
per i sei piani di scale e, mentre apro la porta di casa, sento delle voci.
“L’Omonero avrà di nuovo lasciato il televisore acceso,” penso. Ma quasi muoio
d’infarto quando mi trovo in soggiorno un capoccione: la stessa corporatura
della mia lavatrice, camice bianco e pantofole, le mani appoggiate sul mio
nuovo televisore al plasma; sudato, disperato, grida: “Togli quella cacca dal
letto! Mi senti? Ti ho detto mille volte che non devi portare la cacca a casa!”
“Senbee?”
dico, mentre la borsa mi cade per terra. Lui non sembra avermi sentito.
Idea: tolgo il cappotto, mi avvicino, sollevo la gonna, lo
chiamo: “Dottor Slump?”
Il
sesto senso del porcello lo fa voltare: faccia a faccia con le mie mutandine,
gli occhi schizzano dalle orbite e uno spruzzo di sangue dalla narice
sinistra allaga il pavimento. Appena abbasso l’orlo della gonna, però, lui
ricomincia a prendere a pugni il televisore. Afferro il telecomando, spengo e
Senbee si immobilizza davanti al nulla. Tocca lo schermo, ci gira intorno.
“Hai
una cassetta degli attrezzi?” dice.
“Per
farci cosa?”
“Devo
invertire il flusso. Voglio tornare a casa prima che quella peste combini
troppi guai!”
“Quanta
fretta, Senbee! Non vuoi neanche sapere dove sei finito?”
“Come sai il mio nome? Ci conosciamo?”
“Tutti
qui ti conoscono. Sei molto famoso!”
Lui
d’improvviso diventa alto e bello e il sorriso gli scintilla. Trattengo la
risata a fatica: mi fa ammazzare quando fa il figo!
“Accomodati,”
gli dico.
“Ehi,
senti, mi dispiace per…” dice, indicando la pozza di sangue.
“Non
preoccuparti, l’avevo messo in conto. Ora pulisco. Non toccare niente, per
favore, finché non torno.”
“Va
bene.”
In
bagno col pretesto dello straccio, telefono all’Omonero.
“Hai
lasciato di nuovo il televisore acceso!”
“Scusa,
B, hai ragione, è che…”
“Non
hai capito, non ti stavo rimproverando! È successa una cosa assurda: il Dottor
Slump è nel nostro soggiorno!”
L’Omonero
tace qualche secondo. Poi: “B, hai bevuto?”
“No,
macché! È di là, te lo giuro, dev’essere passato dalla tele in qualche modo!”
“Veramente?
Fagli costruire la Pistola Transformer!”
“Così
trasformo la vicina in uno scarafaggio! Però voglio anche la Pentola
Concretizzante, che ci butto una ricetta e in quattro e quattr’otto la cena è
pronta!”
“E
io voglio gli occhiali a raggi x!”
“Quelli
te li scordi.”
“Uffa.”
“Comunque,
non sarà facile convincerlo a restare: stava già cercando il modo di smontare
il televisore per tornare a Villaggio Pinguino.”
“Il
televisore nuovo? Fermalo, fermalo, per carità!”
“Ci
provo. Ora torno di là, che devo anche pulire un mare di sangue.”
“B!
Gli hai fatto vedere le mutande!”
“Non
avevo altra scelta: non mi dava retta!”
“Bella
scusa! Poi dici a me.”
“Eddai.
Torna presto.”
“Appena
finito di lavorare.”
Armata
di straccio e secchio, torno in soggiorno. Senbee è sparito.
“Ma
dove caz…”
Un
rumore viene dalla cucina.
“Che
stai facendo?” dico.
“Il
tuo tostapane è rotto. Te lo sto riparando.”
“Ma
non mi sembrava…” Il campanello mi interrompe. Oddio, e chi è ora? Butto lo
straccio a coprire la macchia di sangue e apro la porta: è la vicina napoletana
spaccapalle.
“Buonasera,
signuri’. Scusate, ma ho sentito dei rumori e mi sono un poco preoccupata.”
“Scusi,
signora, è venuto a trovarmi un vecchio amico. Mi spiace averla disturbata.”
Non
mi accorgo del testone di Senbee che sbuca dalla cucina. La vicina sgrana gli
occhi.
“Signorina,
ma voi tenete nu’ cartone animato in casa? Ma l’amministratore lo sa?”
“Non
ancora, signora, lo avviso prima possibile.”
Lei
allunga il collo.
“Ma
non sarà pericoloso?”
“Pericoloso?
E perché mai!”
Un
tostapane con le scarpe da tennis inizia
a correre per il soggiorno sputando fette abbrustolite a puntino, inciampa nello straccio e scopre la pozza di sangue. La vicina fugge urlando: “Domani lo
chiamo io l’amministratore! Voi siete una strega! Un’assassina!”
“Senbee,
ma che hai combinato?”
“A
che serve un tostapane che non ti porta la colazione a letto?”
“A
tostare il pane?”
Mi
guarda sconcertato.
“Vieni,
siediti un po’ qui: ti faccio vedere una cosa.”
Impallidisce.
“Non
QUELLA!”
Si
siede sul divano, buono buono, le mani in grembo, e fissa malinconico lo
schermo nero del televisore. Dalla libreria prendo tutti i numeri de “Il Dottor
Slump e Arale” e li appoggio in ordine sparso sul tavolino.
“Che
ti dicevo? Sei famoso qui!”
Senbee
inizia a sfogliare il numero tre, l’episodio Mutandine e Fragoline. “Tutta
colpa di quello stupido maiale. Quella volta ce l’avevo quasi fatta!”
“Il
piano era perfetto, Senbee, non è stata colpa tua. Non sei stufo di fallire, lì
a Villaggio Pinguino? Non ti piacerebbe cambiare vita?”
“Io…
Beh, ecco…”
“Qui
è pieno di belle ragazze. Sei famoso, sei affascinante.”
“E
bello.”
“Soprattutto
bello. Potresti fermarti un po’ da noi e vedere come va. Puoi tornare a casa
quando vuoi, se non ti piace.”
“E
cosa farà Arale senza di me? E Gacchan? E la Professoressa Yamabuki?”
Mentre
lui si perde nei pensieri, gioco la carta vincente: accendo il televisore su un
canale hard.
“Beh?
Dov’è?”
“Shht,
zitto! È appena andato a dormire!”
“L’hai
convinto a restare?”
“A
fare una prova.”
“E
come hai fatto?”
“Donnine.”
“B,
hai comprato la Cocacola?”
“Sì,
è in dispensa. Agitala bene prima di versarla nel serbatoio. Ma dove vai con
l’aereo?”
“A
prendere Senbee. Con questo traffico se vado in macchina non arrivo più.”
“Cosa
volete per cena?”
“Ho
comprato un ricettario nuovo: lancia nella pentola la pagina trentasette.”
“Cosa
c’è Senbee? Non ti piacciono le lasagne?” dico.
“Sono
buonissime. È che oggi al laboratorio mi sono stancato. Vado a riposare, se non
vi dispiace.”
“Certo,
vai. Buonanotte.”
Slump
si chiude in camera sua e l’Omonero scuote la testa.
“B,
Senbee non è contento.”
“Magari
è davvero stanco.”
“Lo
sai cosa fa quando si chiude in camera?”
“No
e, conoscendolo, non so se voglio saperlo.”
“Legge
i suoi fumetti. L’ho sentito ridere. E piangere, a volte.”
“Oh
no. Cosa possiamo fare?”
“Lo
sai.”
Certo
che lo so.
Ci
alziamo da tavola, bussiamo alla porta della sua stanza. Apre spettinato, con
gli occhi rossi. “Ehi, ragazzi. Cosa c’è?”
“Cosa
ti serve per invertire il flusso?” dico.
“Ma
cosa…?”
“Hai
capito, Senbee,” dice l’Omonero. “Vogliamo darti una mano.”
Si
siede sul letto. “Mi dispiace,” dice. “È stato bello restare con voi. Ma mi
manca la mia casa, mi manca Arale. Mi manca la signorina Midori.”
“Anche
per noi è stato bello. Ma ora spara: cosa ti serve?”
“Mi
aiutate davvero?” dice a tutti denti.
“Allora:
tegamino?” dice Senbee.
“C’è!”
“Due
sveglie rotte?”
“Anche!”
“Playstation?”
Una
fitta al cuore mentre dico: “Sì”
“Quattro
CD di musica punk?”
“Eccoli,”
dice l’Omonero con un sorrisetto tirato.
“Gli
vogliamo bene, eh?” dico.
“Già.”
Quattro
ore dopo.
La
luna piena splende. Gli occhi di Senbee di più.
“Grazie,
ragazzi,” dice soffiandosi il naso in un fazzoletto a pois.
“Grazie
a te.”
Lo
abbraccio forte, un nodo mi chiude la gola. Anche l’Omonero è commosso. Si
stringono la mano, mantengono un contegno, da veri duri.
“Pronti?
Via!” dice Senbee premendo un tasto del telecomando.
Sullo
schermo compare un vortice tremulo. Il Dottor Slump saluta con la mano,
oltrepassa il bordo, ci regala un ultimo sorriso e, roteando, sparisce.
Io
e l’Omonero ci scambiamo uno sguardo. Come sempre, le parole non servono. Lui
mi allunga una mano, io la stringo. E insieme saltiamo nel vortice.